Sin dal medioevo, Capizzi, è stato meta di pellegrinaggi;
uomini e donne attraversarono la Sicilia per onorare il Santo Protettore Giacomo, uno dei dodici apostoli di Gesù Cristo.
Il culto di San Giacomo a Capizzi risale all’epoca della conquista aragonese in Sicilia.
In particolare nel 1426, il Cavaliere Aragonese Gerosolomitano Sancho De Heredia deposita a Capizzi alcune Insigni Reliquie;
Il Vero legno della Santa Croce, il Sacro Capello della Beata Vergine Maria e, tra le tante altre, la giuntura del dito dell’Apostolo, prima reliquia del Santo Spagnolo in Sicilia.
Ma già nel 1222 una chiesa di San Giacomo figurava nell’elenco dei possedimenti di Betlemme e al tempo di Papa Giovanni XXII, nel 1333, una bolla di alcuni Vescovi di Avignone concesse le indulgenze a tutti coloro che avessero visitato la Chiesa di San Giacomo a Capizzi.
A causa del grande flusso di pellegrini che accorrevano per tale ragione a Capizzi, l’Arcivescovo di Messina decise di trasferire le Reliquie da Capizzi a Messina, dando inizio ad una rivolta che ancora oggi è manifesta nel particolare rito dei “Miracoli di San Giacomo”.
Capizzi nutre profonda devozione verso l’apostolo, tanto da cambiare aspetto nei giorni festivi in onore al Santo.
La processione si svolge nel pomeriggio del 26 Luglio, quando, dopo il posizionamento del simulacro in trono sul fercolo e il collocamento delle Sante Reliquie, alle ore 18:00, nel tripudio dei presenti, il Santo fa la sua uscita trionfale nella piazza del Santuario.
Per la sue sfumature di sicilianità vera e genuina, il suo carattere medievale e folckloristico, la profonda devozione verso il Santo ”Matamoros”, chiama a se migliaia di pellegrini e turisti che accorrono da ogni punto dell’isola, per assistere alle corse del pesante fercolo tra i vicoli del piccolo borgo.
La “Vara”, in legno d’orato in stile neoclassico, è sorretta a spalla da un centinaio di portanti ed è coronata da una moltitudine di “ex voto” tra cui tovaglie, caciocavalli e ori.
Di sicuro il vertice della manifestazione è proprio l’abbattimento del muro o “I Miraculi i San Japucu”;
Consiste nel colpire veementemente il muro di una casetta con le aste del fercolo fino ad abbatterlo.
Tante sono le leggende legate a questo rito; c’è chi lo fa risalire all’evento storico del trasferimento delle Reliquie da Capizzi a Messina e quindi l’accanimento dei Capitini contro l’abitazione del cavaliere Sancho de Heredia.
Alla base di questo rito vi è di sicuro anche una tradizione molto più antica, di stampo precristiano, legata alle messi e al raccolto.
L’abbattimento del muro, infatti, diviene “rito propiziatorio” e buon auspicio alla fertilità terriera, tanto che è usuale a Capizzi, contare i colpi inferti al muro; se pochi e pari l’annata sarà buona.
L’abbattimento del muro, oggi, in una società che spesso innalza barriere, non solo sociali ma anche fisiche, assume anche significati molto più profondi, come ha sottolineato l’Arciprete Don Antonio Cipriano nel panegirico in Piazza Miracoli:
“ …Chi ci guarda da lontano sappia che a Capizzi si costruiscono Ponti e si abbattono i Muri”.
Come arrivare a Capizzi:

Tratta Capizzi-Cerami:
